Intervista a una giurista della Croce Rossa Internazionale appena rientrata dalla Repubblica Centraficana

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Cristina Azzarello è una giurista internazionale per il Comitato Internazionale della Croce Rossa, con sede a Ginevra, tornata da poco in Italia dopo un anno di missione nella Repubblica Centraficana. L’abbiamo intervistata per farci raccontare qualcosa in più del delicato lavoro che svolge in giro per il mondo.
1. Come hai iniziato a lavorare per la International Committee of the Red Cross (Comitato internazionale della Croce Rossa)?

Ho iniziato a lavorare per il CICR di Ginevra nel 2017, grazie alla mia superiore che ha creduto in me e nelle mie capacità. Il CICR è sempre stato un sogno nel cassetto per me, essendo una stimata organizzazione umanitaria, che opera a livello globale nelle aree di conflitto. Ho mosso i primi passi nel dipartimento giuridico occupandomi di diritto internazionale umanitario e del suo insegnamento ai professionisti del settore umanitario che volevano acquisire nozioni di diritto.

2. Dopo un lungo periodo a Ginevra sono iniziate le prime missioni all’estero. Come sono andate?

Dopo circa due anni in sede a Ginevra ho fatto domanda per andare sul campo e capire nella pratica quali fossero le dinamiche di un conflitto e toccarne con mano le conseguenze umanitarie. La mia prima missione è stata in Palestina, in cui ho potuto vedere gli effetti dell’occupazione israeliana su beni e persone palestinesi. La seconda in Repubblica Centrafrica, dalla quale sono appena tornata. Due missioni decisamente differenti tra loro in contesti completamente diversi, che mi hanno arricchita professionalmente e personalmente.

3. Che studi hai fatto per intraprendere questa carriera? La consiglieresti a un giovane studente/studentessa universitaria?

Ho studiato Giurisprudenza a Milano, e dopo aver conseguito la pratica forense ho capito che il lavoro di avvocato in studio legale non faceva per me. Cosi sono partita per l’Olanda dove ho conseguito un Advanced Master in diritti umani e diritto internazionale umanitario presso l’Università di Leiden. Dopo il conseguimento del master il percorso è ripartito in salita con stage alle Nazioni Unite e finalmente l’opportunità che avevo tanto desiderato.

4. La tua ultima missione in ordine temporale è stata in Africa nella Repubblica Centraficana, com’è andata la missione?

La mia ultima missione è stata molto intensa e resa ancora più difficile dalla pandemia Covid, che mi ha consentito di tornare in Italia solo due volte nel 2020. La Repubblica Centrafricana è stata nel 2020 il terzo paese più povero al mondo, dominato da conflitti e colpi di stato da decenni, nel quale è presente un gran numero di gruppi armati. Quasi il 50% della popolazione ha problemi nell’accesso al cibo, e circa 400mila persone hanno bisogno di assistenza alimentare. Ci sono più di mezzo milione di sfollati interni e circa 600mila persone rifugiate nei paesi limitrofi come il Camerun o il Ciad. Il conflitto armato, iniziato a fine dicembre a causa delle elezioni presidenziali e legislative, coinvolge una coalizione di 6 gruppi armati contro le forze regolari appoggiati da forze multinazionali non fa che peggiorare la situazione umanitaria del paese. IL CICR lavora in quasi tutto il paese con una delegazione nella capitale, Bangui, e vari uffici dislocati in provincia. Ho lavorato in uno di questi uffici provinciali seguendo le operazioni umanitarie, che si svolgevano in una buona parte dell’ovest del paese. Ho percorso la zona in lungo e in largo in macchina, nonostante l’inesistenza di strade asfaltate e con il CICR abbiamo realizzato vari interventi umanitari volti al miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni, come ad esempio la fornitura di cibo e la costruzione di pompe d’acqua. Abbiamo anche portato avanti un dialogo sul rispetto dei principi umanitari con i gruppi armati della zona e con i militari presenti sul campo. Il CICR parla con tutte le parti in un conflitto armato essendo un’organizzazione umanitaria neutra e imparziale.

 5. Come hai appreso la notizia dell’uccisione in Congo dell’ambasciatore Luca Attanasio e della sua scorta, il carabiniere Vittorio Iacovacci?

La notizia della morte di Luca Attanasio e Vittorio Iacovacci l’ho appresa dai media italiani e molti colleghi centrafricani hanno iniziato a mandarmi foto su WhatsApp dell’accaduto. Purtroppo è un incidente davvero deplorevole, anche se molte delle circostanze nel quale è avvenuto rimangono incerte. Strazianti i funerali di Stato questa mattina in diretta. Purtroppo questi incidenti,  quando si lavora sul campo, sono dei rischi che tutti gli umanitari corrono. A dicembre 2020, tre dei nostri colleghi che lavorano in Yemen sono stati uccisi in un attacco all’aeroporto di Sana’a e io stessa sono stata vittima di un incidente che ha coinvolto l’ufficio in cui lavoravo nel dicembre 2020. Spero solo che i gruppi armati o criminali, che commettono questi atti atroci, possano arrivare a rispettare i principi del diritto che regolano i conflitti e che quindi vietano gli attacchi contro la popolazione civile, che subisce come sempre le conseguenze più devastanti della guerra. Ai familiari delle vittime porgo le mie più sentite condoglianze e auguro tanto coraggio per superare questo lutto.

6. Ora ti trovi a Roma, quale sarà la tua prossima missione?

La mia missione in Africa si è appena conclusa, ora ci vuole un po’ di riposo. In progetto c’è di ripartire in zone di conflitto per continuare a dare il mio contributo umanitario. Il lavoro dell’umanitario è molto complesso a livello di gestione di vita personale ma riesce a darti enormi soddisfazioni a livello lavorativo, è una missione di vita più che un lavoro.

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